sabato 18 ottobre 2008

SI LAVORA PER VIVERE... MA SI CONTINUA A MORIRE SUL LAVORO!

OPERAIO MUORE IN CANTIERE A SAN SOSTI


Ancora una volta si muore di lavoro! Otto vittime in ventiquattro ore: dal nord al sud, la tragedia delle morti bianche sembra non arrestarsi.

Si chiamava Lucio Caruso il lavoratore morto nel primo pomeriggio in un incidente sul lavoro avvenuto a San Sosti, centro dell'entroterra cosentino. Sposato, padre di due figli, stava lavorando con altri colleghi nel viale che porta al Santuario del Pettoruto e secondo una prima ricostruzione dei fatti, l'uomo è caduto da un gabbione rimanendovi schiacciato.

"Basta con le morti sul lavoro", aveva detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano appena cinque giorni fa, in occasione della 58esima Giornata nazionale per le vittime. Ogni giorno in Italia rimangono uccisi tre operai, 1.200 morti in un anno: gli infortuni sul lavoro - seppure in costante calo dal 2000 a oggi - sono quasi il doppio delle vittime degli omicidi, due volte quelle della Francia e il 30 per cento in più rispetto a Germania e Spagna. Ma la cronaca di queste ore supera anche le statistiche.

Lavoro nero, precarietà, ritmi e tempi di lavoro troppo intensi, uniti alla logica del massimo ribasso per l’aggiudicazione di appalti e sub appalti, alla riduzione dei costi per la sicurezza, sono una delle cause principali di tanti, troppi e inaccettabili infortuni gravi e mortali, nonostante si voglia far passare spesso l'idea della tragica fatalità o della disattenzione degli stessi lavoratori.
L'edilizia in Italia dà lavoro a milioni di persone (parliamo solo di operai, manovali, muratori, carpentieri) e stime attendibili dicono che quasi la metà lavorano in modo irregolare, di cui il 42 % sono immigrati. Chi insegna la sicurezza a un manovale straniero che non pronuncia una parola di italiano? Dov'è la formazione? Meglio sfruttarlo per pochi euro, in nero:lavorareed in silenzio! E se cade dal ponteggio? Se l'impalcatura crolla? Nessun problema: migliaia di lavoratori sono pronti a subentrare nella catena alle stesse condizioni.


Dove non c’è legalità non c’è sicurezza: gli ispettori del lavoro, secondo una recente direttiva del ministro Sacconi, sono ridotti a consulenti d'impresa e, in tale veste, non sono più nelle condizioni di reprimere eventuali irregolarità. Le aziende da controllare sono milioni: i tecnici della prevenzione delle Asl sono circa 2000 in tutta in Italia ed anche se potessero controllarle tutte, si calcola che ogni azienda riceverebbe un controllo ogni 33 anni, praticamente mai. E nessun governo finora ha fatto quello che si dovrebbe fare: sbloccare l'assuzione di tali tecnici.


Le ACLI di Cosenza, a nome di tutti i lavoratori, italiani e stranieri, considerata l'urgenza di una straordinaria operazione congiunta, delle istituzioni pubbliche e delle parti sociali per limitare e, per quanto possibile, debellare il fenomeno delle morti sul lavoro, sollecitano e chiedono a tutte le amministrazioni pubbliche locali, a tutti gli organismi istituzionali competenti in materia, ai datori di lavoro e alle loro associazioni di rappresentanza, di predisporre, in tutti i settori produttivi e per tutte le tipologie di lavoro, una programmazione definita di interventi ed azioni mirate: per la lotta contro il lavoro nero, per promuovere la cultura e la pratica della sicurezza e della prevenzione, per garantire un’informazione e una formazione adeguata a responsabili aziendali, rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, lavoratori e lavoratrici, per rafforzare il sistema di controllo e vigilanza.


Nel ribadire la grande determinazione della nostra Associazione, a migliorare una situazione tragicamente insostenibile ed a ridurre da subito la frequenza degli infortuni gravi e mortali, esprimiamo il nostro forte cordoglio e la nostra solidarietà e vicinanza alla famiglia del Signor Caruso.

La Presidenza Provinciale ACLI

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